Vallata

VALLATA

Luogo di passaggio dei tratturi appartenenti alla tradizione della transumanza sulla direttrice Pescasseroli – Candela, il comune di Vallata sorge su una dolce collina ai piedi della città di Trevico. Immersa nel verde e percorsa da corsi d’acqua di varia natura, la città è ricca di numerosi boschi come quello di Terzo di Mezzo nella località  di Serrapolla, e Coste Santo Stefano sotto Trevico, ed attraversata dal Calaggio e dall’Ufita e ospita un laghetto artificiale nella località Iazzano.
Il territorio fu abitato sin dalla preistoria da hirpini di lingua osca, che si stanziarono nei pressi dei corsi d’acqua, come testimoniano le necropoli risalenti a tale periodo. Tra i ritrovamenti della zona troviamo vasi ed anfore di terracotta, monete d’oro e d’argento, capitelli scolpiti e lucerne fittili. Di epoca romana sono invece i ritrovamenti in contrada Mezzane Perazze.
Non vi è concordanza circa l’origine del nome, ritenuta da alcuni risalire dall’ubicazione geografica del paese, secondo una posizione dominante a difesa delle due sottostanti valli del Calaggio e dell’Ufita, e ricollegabile secondo altri al nome “ballatam”, italianizzato in Vallata.
L’attuale abitato sorse intorno al 950 d.C. a seguito delle invasioni barbariche. La prima citazione della città è legata ad uno scritto di Pandolfo di Vallata risalente al 1120. Feudo della Baronia di Vico sotto i normanni, passò nei secoli agli Angioini, ai Del Balzo e infine agli Orsini. Celebre la battaglia del 1496 che coinvolse i vallatesi e le forze del marchese di Mantova, Francesco Gonzaga, quando questi, a capo dell’esercito della lega dei principi italiani, scese nel Regno di Napoli per ristabilire lo status quo ante, in seguito alla ritirata di Carlo VIII. Solamente i vallatesi, in quell’occasione, si opposero valorosamente all’attacco dell’esercito mantovano, ma le forze copiosamente più numerose del Gonzaga ebbero la meglio sulla popolazione locale, che venne in gran parte saccheggiata ed uccisa. Numerose le tradizioni culturali e religiose della città, legate a culti antichi e riti propiziatori. La processione del Venerdì Santo è caratterizzata da una rappresentazione con costumi tipici dell’epoca della cattura di Gesù con conseguente processione. Durante la notte gruppi di persone si aggirano per la città ad annunciare la morte di Cristo accompagnati dal tipico suono di tromba e, nella successiva giornata possibile assistere alle esibizioni dei “cantori”, squadre di vocalisti locali che allietano con canti tanto antichi quanto incomprensibili per la cadenza dialettale i convenuti all’evento. Altro culto, legato stavolta alla buona riuscita del raccolto e alla preservazione degli animali, associato alla Chiesa San Vito, attorno alla quale si gira tre volte in occasione della festa del santo. La chiesa madre è per  quella di San Bartolomeo Apostolo, santo patrono della città, edificata durante il medioevo. Molto belli i resti di Palazzo Netta, sebbene corrosi dal tempo, mentre è ancora ammirabile il Palazzo Gallicchio in stile rinascimentale con le alte arcate che fungono da contrafforti. Fiore all’occhiello della gastronomia vallatese il caciocavallo podolico. Conosciuto già al tempo dei romani con il nome di “butirro”, Plinio il Vecchio lo definì un cibo delicatissimo e molto pregiato. Rinomati gli ortaggi della regione come l’insalata, la cicoria, i peperoni e gli spinaci, oltre che la produzione artigianale del gelato al gusto amarena vallatese.

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